mercoledì 10 novembre 2010

IL COMBATTIMENTO


La lancetta si ferma sul numero 4. Suona la sveglia. Il corpo non vorrebbe reagire, ma la mia mano si abbassa meccanicamente sull'aggeggio infernale. Ciondolando in pieno stato confusionale, dopo una fredda risciaquata al viso e un caffè bollente, raggiungo la macchina caricata la sera prima. La strada è deserta, del resto chi vuoi che si metta in viaggio a quest'ora della notte? Dopo parecchi km, comincio a intravedere il fiume. Lascio l'auto nel solito posto, prima di seguire la stradina sterrata. Il livello del fiume oggi non è molto alto, posso fare più di qualche passo in acqua. E' molto fredda, lo sento anche attraverso gli stivali che indosso. Come sempre, il fiume scorre calmo e maestoso. Il sole sta facendo capolino dietro le montagne, e l'acqua comincia  a tingersi di rosa. Monto la mia fedele due pezzi, regolo la frizione del mulinello, e monto un piccolo moschettoncino. La mia mano afferra la solita scatoletta. Con cosa iniziare? Le mie dita indugiano un po', poi afferrano l'esca e la montano sul moschettone. Studio l'acqua: quella correntina lì raramente mi ha tradito, ma qualla buca laggiù è estremamenete invitante. I lanci si susseguono, ma non succede niente. Strano, ispirava quella buca. Ci sarebbero quei rami, che sembrano tuffarsi in acqua, sulla riva opposta, ma è un lancio troppo difficile.  Meglio provare a sfruttare quel grosso tronco laggiù che taglia a metà la corrente. Vuoi che non ci sia qualcosa lì dietro? La canna si distende all'indietro, il braccio carica il lancio e l'esca plana dolcemente dietro al tronco. Aspetto qualche secondo, l'esca comincia a scendere sempre più giù. Due giri di manovella e qualcosa mi blocca il filo. La lenza si tende, la canna si flette nervosamente. Il cuore comincia a battere fortissimo, sale l'adrenalina. Ok amico mio, ora ci siamo solo tu ed io: io tu un capo della lenza, io dall'altro. Tira finchè vuoi, dai pure tutte le testate possibili, tanto non ti lascerò scapppare. La frizione canta, sono costretto ad assecondare le fughe del mio avversario diverse volte. Dai amico mio, fatti vedere, non farla difficile! All'improvviso un salto, le gocce d'acqua che schizzano verso l'alto, il tempo pare fermarsi per una manciata di secondi.  Poi il tonfo, e di nuovo il filo che si tende e sfreccia tagliando l'acqua. Che pesce superbo che sei! Ma giuro che ti avrò! La frizione comincia a cantare di meno. E' stanco l'amico, ce l'ho quasi fatta. Tiro fuori il guadino.  Ora arriva la parte più delicata. Lo immergo in acqua con una mano, mentre con l'altra alzo la canna in alto. Il pesce è stremato, sapientemente lo guido tra le maglie del retino: è fatta! Ti ho preso finalmente! Sei stato proprio un degno avversario! Con la mano bagnata lo afferro delicatamente. Si divincola ancora, bello tenace l'amichetto. Lo slamo velocemente, lo immergo in acqua, e comincio a muoverlo dolcemente avanti e indietro per ossigenarlo. Sento i suoi muscoli contrarsi, mollo la presa e lo vedo sparire con una scodata. Ciao amico, magari un giorno ci rivedremo, chissà. Solo le montagne non s'incontrano mai!



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